Ovviamente
non è vero, altrimenti fare FV sarebbe una pessima idea: un impianto,
che ha una vita utile di circa 30 anni, restituisce l'energia impiegata
per produrlo tra gli 1 e i 4 anni a seconda della tecnologia: il film
sottile richiede ad esempio meno energia per la produzione del
cristallino.
Come
ci mostra la letteratura scientifica raccolta dai NREL del DoE
Usa l'energia investita per produrre un impianto fotovoltaico,
componenti e installazione compresa, va dal 13 a 3% di quella che il
sistema produrrà in 30 anni. Se confrontiamo l'energy payback ratio,
ossia il rapporto tra energia investita ed energia prodotta, con quello
delle altre fonti, vediamo che il fotovoltaico ha prestazioni
leggermente superiori ad esempio ad una centrale a carbone, con la
differenza che, nel caso del FV, dall'87 al 97% dell'energia prodotta
dall'impianto non comporta alcun tipo di emissione o inquinamento. Detto
questo, è però vero che l'industria fotovoltaica è altamente
energivora: ad esempio il silicio viene lavorato a temperature sopra i
1600 °C, ottenute in forni elettrici. Negli anni passati quando la
quantità di impianti fotovoltaici in funzione era relativamente
contenuta, la produzione di celle, moduli e componenti assorbiva più
energia di quella prodotta dagli impianti operativi. La notizia è che
adesso, come spiega uno studio della Stanford University, con l'aumento
della potenza installata e il miglioramento dell'efficienza nei processi
produttivi, al fotovoltaico non si può rinfacciare nemmeno quello: gli
impianti in funzione producono più di quanto venga consumato per farne
di nuovi. Secondo lo studio, infatti, l'anno scorso è stato il primo
anno nel quale dagli impianti FV già installati è venuta più energia di
quella consumata dall'intera industria. Per fare un paragone, nel 2000
la produzione aveva consumato il 75% di energia in più rispetto a quella
che gli impianti in funzione avevano prodotto. Di questo passo la
produzione di celle, moduli e componenti potrebbe ripagare il debito
energetico accumulato negli anni passati forse già nel 2015 e certamente
non oltre il 2020. Oltre all'aumento della capacità già installata in
rapporto a quella che si produce annualmente, si spiega, a migliorare il
bilancio e a rendere più veloce il recupero è l'aumentata efficienza
nei processi produttivi, progresso che dovrebbe proseguire nei prossimi
anni. Parallelamente alla crescita dell'industria e al calo dei prezzi
infatti è diminuito anche il costo energetico dei moduli. Ora si usano
wafer più sottili, materia prima meno lavorata e si sono ridotti gli
sprechi di silicio. Inoltre sono migliorate le efficienze e, infine,
ulteriori miglioramenti possono venire da un maggior impiego dei moduli a
film sottile, che hanno un costo energetico molto più basso dei
cristallini. Per sostenere una crescita che porti al 2020 a coprire con
il FV il 10% del fabbisogno elettrico mondiale, spiega il report, con
l'efficienza attuale l'industria del FV porterebbe a consumare circa il
9% dell'elettricità del mondo. Ma se i progressi nell'efficienza
continueranno ai ritmi registrati in questi ultimi anni dovrebbe
bastare meno del 2% del fabbisogno elettrico.
Fonte: QualEnergia.it
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