Mentre arriva la notizia che ISPRA ha classificato il Trentino Alto Adige come seconda regione italiana a livello di raccolta differenziata dei rifiuti, la nostra provincia provvde ad incenerire il residuo indifferenziato, ricorrendo all'inceneritore di Bolzano. Davvero due notizie in antitesi tra loro. Ma andiamo per gradi, per capire come si sia arrivati a decidere di incenerire i rifiuti, nonostante la virtuosa raccolta differenziata che raggiunge percentuali elevate.
Correva l’anno 2009, quando il primo bando di gara per l’aggiudicazione
della costruzione di un inceneritore a Trento andava letteralmente deserto!
Poche le garanzie di poter bruciare quantità rilevanti di rifiuti, data la
notevole escalation della percentuale di raccolta differenziata che era stata
raggiunta e che, ad oggi, sfiora l’80%. In quegli anni erano attive alcune
associazioni (Nimby Trentino, Coordinamento Trentino pulito) che avevano
promosso momenti formativi e informativi in merito ad un progetto alternativo
all’inceneritore, noto in Trentino come “progetto Cerani”, a nome dell’ingegnere
che lo aveva predisposto (qui il link alla pagina dove trovate spiegato il
progetto: http://marcoianes.net/1/area_download_939562.html).
La classe politica trentina che era al governo ci classificò
come “ciarlatani”, venditori di idee irrealizzabili, sostenendo che l’inceneritore
sarebbe stata l’unica via per chiudere il ciclo dei rifiuti in Trentino. Dopo
il primo bando di gara sopraccitato, andato deserto perché nessuna azienda di
settore intravedeva guadagni interessanti, dato lo scarso residuo
indifferenziato da bruciare, arrivò anche la chiusura dei finanziamenti
pubblici all’energia elettrica prodotta da incenerimento dei rifiuti; così, il
percorso prima definito come “l’unica via percorribile”, venne abbandonato
definitivamente dalla politica trentina, che dichiarò che la costruzione di un
inceneritore in Trentino non serviva più.
Non fu certo una scelta dettata da
convinzioni ecologiche e ambientaliste, bensì una pura e mera constatazione che
tale via non avrebbe dato guadagni sufficienti a sostenerne l’ammortamento
economico nel tempo. Comunque, le associazioni ambientaliste avevano vinto una
battaglia importante, perché oltre all’impatto ambientale devastante che
avrebbe avuto sull’economia agro-turistica trentina, avevano pure evidenziato
le gravi lacune economiche che poi, di fatto, si sono rivelate fondate.
I “ciarlatani”,
improvvisamente avevano avuto le prove del loro buon operato. Da allora, però,
il problema della “chiusura del cerchio” dei rifiuti è rimasto irrisolto; da
una parte una raccolta differenziata che aumentava notevolmente, attestandosi
ai livelli attuali che sfiorano circa 80%, dall’altra parte il tema del residuo
indifferenziato che rimaneva non gestito e, quindi, portato in discarica.
In
questi ultimi due anni molto si è parlato qui in Trentino di costruire impianti
di recupero del materiale residuo; impianti che prevedessero il trattamento del
rifiuto con la produzione di CSS (combustibile solido secondario) che
certamente ha un mercato, ma sempre si tratta di combustibile ad alto inquinamento
(plastiche che bruciano: diossine e nanoparticelle nell’aria che respiriamo) e,
ultima novità nel piano rifiuti n°4 del 2014, anche la possibilità di valutare
impianti di riciclaggio ulteriore, come proposto dalle associazioni.
Sembrava
che ci fosse davvero un’apertura alle innovazioni tecnologiche “amiche” dell’ambiente;
sembrava che, finalmente, l’Autonomia Trentina avesse agito davvero con spirito
autonomo e nella direzione giusta di salvaguardia e tutela dell’eco-sistema
agro turistico che la provincia di Trento vanta come fiore all’occhiello. Sembrava…perché
in questi giorni la provincia autonoma di Trento ha chiuso un accordo con la
provincia autonoma di Bolzano; in questo accordo il residuo indifferenziato del
Trentino finirà nell’inceneritore già esistente a Bolzano che è in deficit di
prodotto e, quindi, abbisogna di materia prima (http://www.ildolomiti.it/ambiente/smaltimento-rifiuti-accordo-raggiunto-fra-trento-e-bolzano).
Si torna all’idea originaria, si torna all’inceneritore. Non
a Trento, ma a Bolzano, cioè a soli 50 Km di distanza da dove prima si voleva
costruire quello trentino. Praticamente, non cambia proprio nulla! Le quantità
di raccolta indifferenziata di rifiuti trentini saranno bruciate e passeranno
per il camino che butterà in aria nanoparticelle e diossine che si riverseranno
nelle stesse campagne dove si coltivano viti pregiate che danno vita ad altrettanti
vini famosi quali, ad esempio, il Teroldego, vero fiore all’occhiello delle
aziende vitivinicole trentine.
In aggiunta a ciò, aumenterà il traffico veicolare,
dato che i camion trentini viaggeranno verso Bolzano per portare i rifiuti da
bruciare; altro aggravio ambientale!
E tutti tacciono…le associazioni ormai
sono disgregate, avendo precedentemente chiuso gli obiettivi; la politica
ambientalista trentina praticamente non esiste più, dato che le forze
politiche che pure si erano impegnate
nel passato, sono praticamente inesistenti e nulla più organizzano in tema di
proposte e dibattiti e manifestazioni. Le associazioni di categoria (contadini,
esercenti del turismo) sono in ossequioso silenzio, non rendendosi conto che
ciò per cui si erano battute nel passato, ora è stato realizzato; non nel loro
giardino, certamente, ma in quello adiacente! Credono davvero che le influenze
di tali emissioni stiano alla larga dai propri confini?
Davvero
una tristezza che, alla fine, si sia arrivati ugualmente al risultato che la politica trentina progettava più di dieci
anni fa, cioè l’incenerimento dei rifiuti. Nulla è cambiato, sempre le solite
politiche ambientali. Poi ci lamentiamo se il clima cambia, se l’inquinamento
aumenta, se i tumori dettati da inquinamento atmosferico aumentano (http://www.airc.it/cancro/disinformazione/inquinamento-atmosferico/).