Quando si parla di rifiuti, è inevitabile cadere sull’argomento inceneritore. In questi giorni, come coordinamento trentino pulito ,abbiamo cercato di portare a conoscenza dei cittadini una reale e possibile alternativa alla gestione degli scarti della raccolta differenziata, senza incenerire (studio alternativo con trattamento meccanico a freddo dei rifiuti). Vorrei qui, oggi, porre l’accento su alcuni argomenti a sostegno di una scelta che, definire infelice è davvero elegante, aggiungendo anche una non-scelta che è, invece, scandalosa.
Comincio dalla non-scelta: non si può continuare a dire:”non vogliamo esportare i rifiuti” e poi, dopo la chiusura della Pasina di Rovereto, di fatto, realizzare che esportiamo TUTTO l’umido prodotto in provincia; peraltro anche prima, è bene sapere , si esportava moltissimo, poiché Rovereto non gestiva tutto, per ovvia capacità di ricezione limitata. È scandaloso e vergognoso che la nostra provincia, ricca di risorse e di capacità tecniche e intellettuali, non sia ancora riuscita ad elaborare un piano provinciale per la gestione dell’umido. Allora, prima di fare affermazioni demagogiche, è bene chiedersi cosa aspetta chi ci governa a mettere in piedi un piano sistematico e logico per la gestione, in loco, di tale componente rilevante dei rifiuti. Solo allora si potrà dare la giusta valenza alla frase sopra citata.
In merito alla gestione del residuo secco, vorrei definire alcuni punti, affinché venga fatta chiarezza, con il supporto di dati e fatti.
1. Impatto ambientale: manca uno studio reale e approfondito sull’impatto che un inceneritore potrebbe avere sulle colture; in particolare su meli e viti. Questa affermazione non è certo mia, bensì del noto agronomo prof. Mario Fregoni, ordinario di Viticoltura all’Università Cattolica di Piacenza e Presidente dell’Organisation Internationale de la Vigne et du Vin (Oiv); è stato presidente del Comitato Nazionale Vini Doc ed estensore della legge 164/92; mica uno qualsiasi, quindi. Egli stesso ha proposto, nel convegno tenutosi qualche settimana fa a Mezzolombardo, di avviare una ricerca in tal senso, in luoghi ove esistono inceneritori,prima di dare luogo alla realizzazione di quello trentino; forse sarebbe bene pensarci ,prima di fare danni irreversibili, sia alle colture che all’immagine del settore agricolo trentino.
2. Economicità : la realizzazione di un impianto di incenerimento ha costi spaventosi, mitigati in parte dalla produzione di energia elettrica che dovrebbe nascere; solamente per i certificati verdi riesce a dare introito necessario a giustificarne la realizzazione; certificati verdi che, solamente in Italia sono attribuiti anche per fonti “rinnovabili assimilate”, cioè per rifiuti; infatti, siamo in infrazione europea da diversi anni, ma tant’è, l’italica visione delle cose è sempre diversa dal resto dell’Europa, dove i certificati verdi sono attribuiti veramente a chi sfrutta le reali energie rinnovabili. Rimane il fatto che, l’inceneritore, per rendere deve bruciare; non è assolutamente vero, inoltre, che si prevede una modularità dell’ingresso dei rifiuti qualora la differenziata aumenti, come qualcuno continua a sostenere erroneamente; il bando di gara, infatti, prevede che, in tal caso, si possa permettere alla società che gestirà l’impianto, di acquisire i rifiuti simili a quelli urbani, ma provenienti dall’area industriale; tale possibilità è garantita per poter mantenere il livello di materiale da bruciare, al fine di garantire i rendimenti dell’impianto e, quindi, le entrate in soldoni al gestore. Doppia beffa per noi cittadini: spingiamo la differenziata, raggiungendo alti livelli e come veniamo premiati? Con l’immissione della stessa quantità di ceneri, sempre e comunque, poiché il quantitativo sarà sempre il medesimo!
3. Impatto sulla salute: nello stesso studio di fattibilità redatto dalla provincia, si legge che dovranno essere costantemente monitorati i dati ambientali, poiché non è “ben noto” cosa potrebbe riversarsi nell’aria! Questo è allucinante; non vi sono dati oggettivi sui quali ragionare, bensì si dice che si terrà controllato; ma se, poi, come già si sa per analisi note in altre parti del mondo, le emissioni saranno pericolose, cosa faremo? Spegneremo l’inceneritore? E chi rimborserà il gestore, che, giustamente, chiederà conto dei mancati guadagni? Sempre noi cittadini? Troppo superficiale l’analisi e priva di elementi e dati utili per soppesare veramente il problema; ma, soprattutto, veramente incredibile risulta la superficialità di chi ci governa che continua ad affermare che dobbiamo stare tranquilli, che non ci sono pericoli! Dove sono i dati che supportano questa tesi?
4. Aspetto etico: qui, ognuno può pensarla come vuole, però se ci si ferma bene a riflettere, non si può non notare che, nel Trentino dell’autonomia, delle risorse abbondanti, dei centri di ricerca invidiati da tutti, si è preferito adottare un sistema vecchio e rischioso per la salute, anziché investire in un metodo innovativo, tecnologicamente avanzato e che non genera pericoli per la cittadinanza. Non è assolutamente vero, come viene affermato da chi ha deciso di percorrere questa strada impervia, che il sistema alternativo proposto non è applicato altrove. È un dato oggettivo e facilmente verificabile in rete. Infatti si trovano sistemi di trattamento meccanico e biologico, anche per l’umido quindi, a Sidney, dove l’impianto è operativo dal 2004! Qui arrivano a trattare fino a 250.000 TON/anno; non è proprio un impiantino piccolino! Poi, la Germania stessa, additata spesso come ricca di inceneritori, ed è vero, sta comunque disinvestendo in tale tecnologia; si sta orientando verso la raccolta differenziata sempre più spinta, installando impianti di TMB. Quindi anche qui, basta fare un giretto in internet per reperire tali informazioni.
In sostanza, la cosa che traspare sempre più, è il fatto che l’inceneritore debba a tutti i costi essere costruito, anche e comunque se molti cittadini hanno portato alternative valide, già operative e ben sperimentate, meno costose e meno impattanti sul territorio e sull’ambiente. Ma perché, di fronte a tutto ciò, si continua a voler sostenere un bando di gara che preveda solo la possibilità di incenerire i rifiuti? Perché non fermarsi e predisporre un comitato tecnico-scientifico che elabori un nuovo bando aperto a tutte le tecnologie che il mercato offre? Non si può continuare a sostenere teorie a supporto della scelta effettuata, senza portare dati oggettivi e tecnicamente sostenibili; penso che tutti abbiano il diritto di sapere, non con frasi di circostanza e in politichese, che la scelta che si vuol fare è sostenibile. Ora come ora, abbiamo sentito solo chiacchiere tese ad imbonire il popolo; assicurazioni che tutto è regolare e che tutto sarà improntato alla massima sicurezza; ma i numeri a sostegno di ciò dove sono?
Comincio dalla non-scelta: non si può continuare a dire:”non vogliamo esportare i rifiuti” e poi, dopo la chiusura della Pasina di Rovereto, di fatto, realizzare che esportiamo TUTTO l’umido prodotto in provincia; peraltro anche prima, è bene sapere , si esportava moltissimo, poiché Rovereto non gestiva tutto, per ovvia capacità di ricezione limitata. È scandaloso e vergognoso che la nostra provincia, ricca di risorse e di capacità tecniche e intellettuali, non sia ancora riuscita ad elaborare un piano provinciale per la gestione dell’umido. Allora, prima di fare affermazioni demagogiche, è bene chiedersi cosa aspetta chi ci governa a mettere in piedi un piano sistematico e logico per la gestione, in loco, di tale componente rilevante dei rifiuti. Solo allora si potrà dare la giusta valenza alla frase sopra citata.
In merito alla gestione del residuo secco, vorrei definire alcuni punti, affinché venga fatta chiarezza, con il supporto di dati e fatti.
1. Impatto ambientale: manca uno studio reale e approfondito sull’impatto che un inceneritore potrebbe avere sulle colture; in particolare su meli e viti. Questa affermazione non è certo mia, bensì del noto agronomo prof. Mario Fregoni, ordinario di Viticoltura all’Università Cattolica di Piacenza e Presidente dell’Organisation Internationale de la Vigne et du Vin (Oiv); è stato presidente del Comitato Nazionale Vini Doc ed estensore della legge 164/92; mica uno qualsiasi, quindi. Egli stesso ha proposto, nel convegno tenutosi qualche settimana fa a Mezzolombardo, di avviare una ricerca in tal senso, in luoghi ove esistono inceneritori,prima di dare luogo alla realizzazione di quello trentino; forse sarebbe bene pensarci ,prima di fare danni irreversibili, sia alle colture che all’immagine del settore agricolo trentino.
2. Economicità : la realizzazione di un impianto di incenerimento ha costi spaventosi, mitigati in parte dalla produzione di energia elettrica che dovrebbe nascere; solamente per i certificati verdi riesce a dare introito necessario a giustificarne la realizzazione; certificati verdi che, solamente in Italia sono attribuiti anche per fonti “rinnovabili assimilate”, cioè per rifiuti; infatti, siamo in infrazione europea da diversi anni, ma tant’è, l’italica visione delle cose è sempre diversa dal resto dell’Europa, dove i certificati verdi sono attribuiti veramente a chi sfrutta le reali energie rinnovabili. Rimane il fatto che, l’inceneritore, per rendere deve bruciare; non è assolutamente vero, inoltre, che si prevede una modularità dell’ingresso dei rifiuti qualora la differenziata aumenti, come qualcuno continua a sostenere erroneamente; il bando di gara, infatti, prevede che, in tal caso, si possa permettere alla società che gestirà l’impianto, di acquisire i rifiuti simili a quelli urbani, ma provenienti dall’area industriale; tale possibilità è garantita per poter mantenere il livello di materiale da bruciare, al fine di garantire i rendimenti dell’impianto e, quindi, le entrate in soldoni al gestore. Doppia beffa per noi cittadini: spingiamo la differenziata, raggiungendo alti livelli e come veniamo premiati? Con l’immissione della stessa quantità di ceneri, sempre e comunque, poiché il quantitativo sarà sempre il medesimo!
3. Impatto sulla salute: nello stesso studio di fattibilità redatto dalla provincia, si legge che dovranno essere costantemente monitorati i dati ambientali, poiché non è “ben noto” cosa potrebbe riversarsi nell’aria! Questo è allucinante; non vi sono dati oggettivi sui quali ragionare, bensì si dice che si terrà controllato; ma se, poi, come già si sa per analisi note in altre parti del mondo, le emissioni saranno pericolose, cosa faremo? Spegneremo l’inceneritore? E chi rimborserà il gestore, che, giustamente, chiederà conto dei mancati guadagni? Sempre noi cittadini? Troppo superficiale l’analisi e priva di elementi e dati utili per soppesare veramente il problema; ma, soprattutto, veramente incredibile risulta la superficialità di chi ci governa che continua ad affermare che dobbiamo stare tranquilli, che non ci sono pericoli! Dove sono i dati che supportano questa tesi?
4. Aspetto etico: qui, ognuno può pensarla come vuole, però se ci si ferma bene a riflettere, non si può non notare che, nel Trentino dell’autonomia, delle risorse abbondanti, dei centri di ricerca invidiati da tutti, si è preferito adottare un sistema vecchio e rischioso per la salute, anziché investire in un metodo innovativo, tecnologicamente avanzato e che non genera pericoli per la cittadinanza. Non è assolutamente vero, come viene affermato da chi ha deciso di percorrere questa strada impervia, che il sistema alternativo proposto non è applicato altrove. È un dato oggettivo e facilmente verificabile in rete. Infatti si trovano sistemi di trattamento meccanico e biologico, anche per l’umido quindi, a Sidney, dove l’impianto è operativo dal 2004! Qui arrivano a trattare fino a 250.000 TON/anno; non è proprio un impiantino piccolino! Poi, la Germania stessa, additata spesso come ricca di inceneritori, ed è vero, sta comunque disinvestendo in tale tecnologia; si sta orientando verso la raccolta differenziata sempre più spinta, installando impianti di TMB. Quindi anche qui, basta fare un giretto in internet per reperire tali informazioni.
In sostanza, la cosa che traspare sempre più, è il fatto che l’inceneritore debba a tutti i costi essere costruito, anche e comunque se molti cittadini hanno portato alternative valide, già operative e ben sperimentate, meno costose e meno impattanti sul territorio e sull’ambiente. Ma perché, di fronte a tutto ciò, si continua a voler sostenere un bando di gara che preveda solo la possibilità di incenerire i rifiuti? Perché non fermarsi e predisporre un comitato tecnico-scientifico che elabori un nuovo bando aperto a tutte le tecnologie che il mercato offre? Non si può continuare a sostenere teorie a supporto della scelta effettuata, senza portare dati oggettivi e tecnicamente sostenibili; penso che tutti abbiano il diritto di sapere, non con frasi di circostanza e in politichese, che la scelta che si vuol fare è sostenibile. Ora come ora, abbiamo sentito solo chiacchiere tese ad imbonire il popolo; assicurazioni che tutto è regolare e che tutto sarà improntato alla massima sicurezza; ma i numeri a sostegno di ciò dove sono?
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