Foto: la protesta a Novaledo, venerdì 9 ottobre, ha portato i comitati a mettere una bandierina per ogni bambino di Novaledo, sotto il monumento dei caduti e sotto la sede del Municipio. Simbolicamente, protestando per il forte attacco alla salute pubblica che tale centrale porterebbe.
Novaledo è un paesino della Valsugana, in Trentino. Non è un
luogo molto noto, poiché non rientra nel circuito del turismo tipico di questa
provincia. Tuttavia, in questi giorni assurge alle cronache locali molto
frequentemente, poiché molti cittadini sono preoccupati per l’imminente e
possibile costruzione di una centrale a biomassa, a servizio di una grande e
nota realtà produttiva della zona, una fabbrica di marmellate famosa, la Menz e
Gasser. L’azienda ha avviato la
procedura di richiesta autorizzativa, ottenendola, per installare una centrale a biomassa
legnosa, per produrre energia termica
per il proprio ciclo produttivo e energia elettrica da rivendere alla rete, con
lo scopo di incamerare i forti incentivi che vengono riconosciuti a queste
tipologie di centrali elettriche, classificate come fonti rinnovabili. Ho già
scritto, qualche tempo fa, un articolo esplicativo su questo tema (http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/18/centrali-a-biomasse-un-altro-percorso-che-di-sostenibile-non-ha-nulla/1782864/)
spiegando che molte centrali a biomassa non starebbero in piedi economicamente
senza incentivi. Il punto, però, non è la centrale a biomassa in quanto tale,
bensì per quale motivo viene realizzata e se serve ad un bene collettivo o solo
per lucro. Mi spiego meglio: la Valsugana è una zona che sta subendo un elevato
inquinamento ambientale, dovuto ad un traffico veicolare intenso, alla presenza
di un’acciaieria che determina moltissimi problemi ambientali; aggiungere una
nuova fonte di emissione di polveri sottili in questa zona già compromessa,
preoccupa non poco la popolazione locale.
La centrale in questione non andrebbe a coprire il fabbisogno energetico
della popolazione, magari realizzando una rete di teleriscaldamento e non
sostituirebbe la miriade di stufe e stufette che contribuiscono non poco
all’inquinamento locale, bensì sarebbe aggiunta a queste ultime. Ecco perché
diventa insostenibile in questo contesto. Ecco perché la gente protesta,
preoccupata per la salute dei propri figli.
L’azienda che vorrebbe installare nel proprio stabilimento
questa centrale a biomassa, rappresenta una realtà di riferimento per
l’occupazione locale, garantendo posti di lavoro e indubbio prestigio alla
zona. Ha identificato, in questo investimento, una via per abbattere i costi
energetici della propria produzione. Scelta legittima, ma non ha considerato il
contesto in cui si cala tale realizzazione tecnica. Un luogo già fortemente
compromesso da situazioni già al limite, in fatto di presenze di nanopolveri.
Nascono i comitati locali, che avviano una protesta, una battaglia per esortare
l’azienda a rivedere tali scelte tecniche, che destano grandi timori per la
salute pubblica. Non vi è astio, da parte dei comitati, nei confronti
dell’azienda, ma molti cittadini della zona sono preoccupati dall’inevitabile
incremento di polveri sottili che tale nuova centrale determinerebbe. E la
provincia di Trento? L’ente pubblico ha ribadito più volte che, dove fosse
presente il metano, non avrebbe incentivato la costruzione di centrali a
biomassa, in quanto ritenute non compatibili con il territorio. Ma gli
investimenti industriali vanno sostenuti, perciò via lo stesso ai contributi a questa azienda che,
indubbiamente, sta investendo sul territorio per ampliare lo stabilimento ,e
questo è positivo, ma lo fa perseguendo una strada che non è sostenibile per la
zona. Una centrale a biomassa, fatta per incamerare gli incentivi dal GSE per
la produzione di energia elettrica, si parla di circa 1.600.000 euro lordi
annui, ma che brucerà quasi 19.000
TON/anno di legna, si dice proveniente dalla zona, ma la zona non ha la
sostenibilità per dare tanto combustibile per molti anni. E allora cosa si
brucerà nel futuro? La via futura
potrebbe essere la combustione di CSS (COMBUSTIBILE SOLIDO SECONDARIO), che
verrà fabbricato dalla provincia di Trento a fine ciclo dei rifiuti? Il CSS è
diventato “biomassa” per decreto, una centrale a biomassa è, costruttivamente,
simile ad un inceneritore, il prodotto verrà creato in loco o a pochi
chilometri. L’intreccio tra i percorsi è solo una congettura, per ora, ma una centrale
a biomassa, per rendere, deve bruciare e se la legna finisce, cosa brucia? Per
ora il CSS non è un obiettivo di tale centrale, ma nel tempo potrebbe diventare
davvero una valida alternativa in caso di carenza di legna. La provincia si
scarica dei rifiuti, che diventano “biomassa”, l’azienda trova l’alternativa
alla carenza di legna locale. Forse la gente ha ragione a preoccuparsi , in
questa valle che soffre già di elevate situazioni di inquinamento ambientale.
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