Formazione professionale, passi verso la disgregazione.
Foto: un momento dell'incontro tra il Presidente Rossi e la delegazione dei docenti CGIL della formazione professionale trentina.
Venerdì 26 febbraio il Presidente della Giunta Provinciale
Ugo Rossi ha incontrato una delegazione di insegnanti della formazione
professionale, presenti in adesione allo sciopero proclamato dalla CGIL e non
sottoscritto da CISL e UIL, che invece hanno ritenuto superficiali le
argomentazioni che hanno mosso i docenti verso un atto di protesta che qui
vorrei provare a spiegare.
Nell’incontro i docenti hanno portato al Presidente Rossi le
loro preoccupazioni sul futuro della formazione professionale trentina, in seguito
alle vicende che si stanno susseguendo in questi mesi. Infatti, nel novembre scorso, il Presidente,
nonché assessore all’istruzione, ha firmato un protocollo di intesa con i
sindacati, nel quale si parametrizzano alcuni aspetti relativi alla
disponibilità degli insegnanti in termini di prestazioni orarie, con notevole
apertura di questi ultimi verso le richieste di maggior impegno avanzate dalla
PAT; si è data risposta favorevole, non senza sacrifici è bene dirlo, a precise
richieste da parte della PAT in merito ad un notevole numero di ore in più da
mettere a disposizione per i nuovi progetti in campo, quali i tirocini estivi,
i corsi extracurricolari e il sistema duale che proprio il Presidente ha caro
nel suo programma politico. Anche gli enti paritari, depositari della quasi
totalità dell’organizzazione della formazione professionale trentina, hanno
visto soddisfatte molte delle richieste, che sono state di fatto inglobate nel
protocollo copra citato. Dunque, quale il motivo dello sciopero di venerdì 25
febbraio, se un accordo è appena stato sottoscritto? Proviamo a chiarire la
vicenda.
Nonostante
l’accordo che soddisfa le richieste degli enti, alcuni enti paritari ( Canossa
e Veronesi) hanno deciso ugualmente di rescindere il contratto provinciale
della formazione professionale, acquisendo il contratto nazionale; la
differenza è sostanziale, sia dal punto di vista economico, poiché prevede
salari di ingresso da fame per i nuovi assunti ( 60% del salario per il primo
anno e poi negli anni successivi aumenti graduali, per arrivare solo dopo 4
anni al salario integrale), ma anche sotto il profilo degli inquadramenti
professionali: i docenti non sarebbero più tali, ma verrebbero definiti “formatori”,
perdendo di fatto la qualifica di insegnanti, con conseguente mancata
attribuzione dei previsti punteggi di avanzamento nelle varie graduatorie
specifiche. Vero è che nel protocollo di intesa si prevede “ il mantenimento
salariale e il numero di ore provinciale” per i docenti in servizio e il
Presidente Rossi, nell’incontro, ha confermato che se tale clausola non venisse
rispettata, l’ente mancante non si
vedrebbe riconoscere le coperture economiche garantite dalla Provincia.
Però, rimane il grosso nodo della
disparità tra docenti che fanno lo stesso lavoro, soprattutto per i nuovi
assunti. Ci saranno docenti in alcuni enti che rimarranno tali, altri che, pur
insegnando le stesse materie, saranno formatori, senza titoli per poter
accedere ad altri canali quali, ad esempio, la scuola pubblica. Altro esempio,
per rendere l’idea: nella stessa scuola ci saranno persone assunte di vecchia
data che vedono applicato il contratto provinciale, mentre per i nuovi assunti
si applicherà il contratto nazionale, con i limiti sopra esposti! Ma vi pare
logico ed equo che ci siano lavoratori che eseguono le stesse funzioni,
insegnanti che insegnano le stesse materie, ma che hanno contratti
diversi? Di fronte a questi temi, abbiamo
posto al Presidente Rossi il seguente
quesito:” quale unità è possibile per la formazione professionale trentina, se
la Provincia stessa permette che ogni ente possa avere le mani libere nell’applicare
il contratto che gli è più congeniale?” Il Presidente ci ha risposto che non
intende assolutamente dare indirizzi politici diversi da quelli in vigore e che
con la clausola di garanzia relativa alla salvaguardia dello stipendio e delle
ore ha fatto tutto ciò che doveva per garantire l’unitarietà del sistema
formazione professionale. Rimane in noi docenti, forse un domani semplici
assistenti formatori, l’amarezza di aver parlato con un politico che non ha
capito ancora cosa sia davvero la formazione professionale trentina. Fatta da
docenti non di serie B, ma da insegnanti che sono in scuole che accolgono il
25-30% degli studenti trentini, dove si plasmano i futuri artigiani, i futuri
operatori turistici che sono l’ossatura dell’economia del nostro Trentino
autonomo. Guardando al futuro, chi pensate che tra laureati e tecnici di
esperienza si possa mettere in gioco nella formazione professionale, sapendo di
venir visto come un assistente formatore, sapendo di percepire lo stipendio
pieno solo dopo 4 anni, sapendo che non vedrà alcun riconoscimento nelle
graduatorie docenti? Inoltre, se ogni ente potrà applicare il contratto che più
gli aggrada, che tipo di unitarietà potrà mai avere la formazione professionale
trentina? Altro esempio: in caso di trasferimento di un docente da un ente all’altro,
se ciò avviene tra due enti che applicano contratti diversi, al docente verrà
applicato il salario di ingresso; ma vi pare che, magari dopo 10 anni di
servizio, un docente possa ripartire con il 60% dello stipendio? Queste
assurdità stanno per essere avvallate anche politicamente, poiché il Presidente
ha dichiarato che non ha alcuna intenzione di obbligare gli enti paritari all’adesione
al contratto provinciale. Bel passo in avanti verso l’unità della formazione
professionale, ritenuta la “terza gamba” del servizio scolastico provinciale;
una gamba di serie B, che si avvia tristemente verso l’amputazione dal sistema
scolastico, dato che fra qualche anno i docenti potrebbero non essere più tali,
con il beneplacito di alcune sigle sindacali ( CISL e UIL) , che rimangono
chiuse sulla loro posizione incomprensibile di distacco da questa
preoccupazione. È triste notare come la
formazione professionale trentina stia avviando un declino inesorabile, poiché
se non si crea unità contrattuale tra i docenti, non è pensabile di creare
qualità nei servizi alle famiglie e agli allievi; non si può pensare di avere
una formazione professionale di qualità con “assistenti-formatori” sotto
pagati, con selezioni che saranno clientelari nei vari enti paritari che non
aderiranno al contratto provinciale, che invece ha nel suo articolato, precise
definizioni tutelanti del ruolo del docente.; ma tutelanti soprattutto per gli
studenti, poiché garantiscono competenze e conoscenze che gli insegnanti devono
avere per poter esercitare. Se questa è
la strada che la Provincia intende tracciare per il futuro della formazione provinciale
trentina, come docenti non possiamo che
essere fortemente preoccupati; non lo siamo solo per noi, ma soprattutto per i
nostri studenti e per le famiglie che a noi si rivolgono per istruire i loro
ragazzi, non certo per accudirli come assistenti
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