"Le idee fanno grandi gli uomini; gli uomini possono rendere grandi le idee, realizzandole!" (Marco Ianes)


sabato 17 ottobre 2015

Si chiude una porta, se ne aprono altre...





Era il primo di gennaio del 2001, quando una nuova partita IV.A., associata al mio nome e alla mia professione di perito industriale iscritto all’albo, entrava nel mondo dell’imprenditoria individuale, nel mondo degli “esercenti arti e professioni”.
Quel lontano giorno, avviai la mia attività di progettista di impianti tecnologici, dopo oltre quindici anni di lavoro subordinato come tecnico in diverse aziende e con ruoli anche di prestigio. L’esperienza accumulata nella manutenzione industriale in una nota azienda mineraria, che purtroppo ora non è più attiva, unita ad altre esperienze come direttore tecnico di un’impresa di impianti elettrici e come consulente tecnico commerciale per un noto grossista di materiali elettrici trentino, mi hanno permesso di conoscere profondamente il settore elettrico-elettronico e il mondo industriale. Da qui l’idea di partire con due nuove avventure: l’insegnamento e, contemporaneamente, l’esercizio della libera professione. Il primo mi ha permesso, e mi permette tuttora, di trasmettere le mie esperienze ai futuri elettricisti, mentre il secondo è stato lo stimolo per intraprendere lavori che, a volte mi hanno entusiasmato davvero. Molti gli ambiti in cui ho avuto occasione di operare, molte le persone che ho conosciuto, anche in paesi diversi. Dalle automazioni realizzate per molte cave di inerti, alle progettazioni di alcuni siti produttivi, con elevati contenuti di automazione industriale. Alberghi di elevato contenuto tecnologico, ricordo 5 o 6 anni fa un noto albergo della città, progettato con un sistema domotico che all’epoca era all’avanguardia, oppure sistemi di produzione di energia tramite fonti rinnovabili, a servizio di siti produttivi, per soddisfare il fabbisogno energetico aziendale, riducendo gli sprechi e ottimizzando i consumi con profonde analisi dei tempi e metodi di produzione, a volte anche trovando contrasti con il management interno, che non capiva i benefici di cambi di metodi anche radicali, salvo poi riconoscere saggiamente che le nuove vie intraprese liberavano risorse per reinvestimenti o, semplicemente, per utili da suddividere con i soci.
Sono stati quindici anni intensi, dove ho visto nascere una filiera importante delle energie rinnovabili, quella del settore fotovoltaico, che ha fatto crescere come i funghi progettisti e piccole imprese, che sono poi naufragate nei debiti generati dalla chiusura della filiera stessa da parte di governi miopi che hanno incentivato enormemente il settore all’inizio, drogando il mercato, salvo poi togliere tutto in un colpo solo! Altre sarebbero state le politiche sostenibili di questo settore, magari evitando le assurde incentivazioni spropositate degli anni 2007-2011, spalmandole più equamente su un ventennio, così si sarebbe davvero consolidata una nuova filiera produttiva; ma, tant’è, siamo in Italia, paese delle speculazioni, dove le buone idee vengono sfruttate solo finché rendono alle multinazionali e poi, quando potrebbero diventare benefiche per tutti, si stroncano.
Oltre quindici anni di attività intensa, dove non sono certo mancati i problemi comuni a tutti i soggetti che fanno impresa: mancati pagamenti, esposizioni con le banche, lavori persi per un soffio…ma anche tante soddisfazioni di vedere compiute opere nate dall’ingegno e dal confronto tra professionisti di vari settori.  E queste sono le cose belle che devono essere ricordate, e che ricorderò sempre.
Ora, dopo oltre quindici anni di attività, il 30 settembre scorso,  ho “chiuso bottega”! Ma perché? Questa la domanda che molti miei carissimi clienti, amici direi, mi hanno posto. Perché dopo un periodo così lungo, alla soglia dei 50 anni, ho deciso di prendermi “il mio tempo”! Mi dedicherò solo all’insegnamento, altro mio amore lavorativo. Troppe le incombenze burocratiche da sostenere, sempre meno il tempo da poter dedicare alla progettazione vera e propria e all’aggiornamento tecnico professionale. Studi di settore, burocrazia eccessiva nelle pratiche a corollario di un qualsiasi intervento di costruzione e riqualificazione, controlli esasperati sulla contabilità per stare attenti a non sbagliare qualcosa e non pagare sanzioni, clienti che non pagano e che devi rincorrere senza tutele da parte della giustizia italiana. Ora ho detto basta, penso di aver dato abbastanza. Lascio l’attività professionale per scelta di vita, per avere tempo per me stesso, per poter riprendere a studiare e ad aggiornarmi tecnicamente, per poter insegnare al meglio quello che ho imparato in oltre trent’anni di lavoro.
Grazie a tutte le aziende che hanno riposto fiducia in me, grazie a tutti i colleghi professionisti con i quali ho collaborato; a tutti i miei migliori auguri per il proseguimento delle vostre attività.
Io vi aspetto tutti a scuola, all’Enaip di Villazzano, dove mi dedicherò ancor di più per tenere vivi i rapporti con le aziende, affinché la scuola sia sempre più vicina la mondo del lavoro. Sarò lì, a insegnare ai ragazzi, sarò lì ad accogliere proposte per seminari informativi e momenti di confronto tecnico.
Grazie a tutti, lo studio tecnico Omega di per.ind. Marco Ianes ha chiuso la porta. Altre porte si aprono…
Good bye and good luck!

lunedì 12 ottobre 2015

Novaledo, protesta contro la centrale a biomassa. Una centrale solo per profitto!




 Foto: la protesta a Novaledo, venerdì 9 ottobre, ha portato i comitati a mettere una bandierina per ogni bambino di Novaledo, sotto il monumento dei caduti e sotto la sede del Municipio. Simbolicamente, protestando per il forte attacco alla salute pubblica che tale centrale porterebbe.

Novaledo è un paesino della Valsugana, in Trentino. Non è un luogo molto noto, poiché non rientra nel circuito del turismo tipico di questa provincia. Tuttavia, in questi giorni assurge alle cronache locali molto frequentemente, poiché molti cittadini sono preoccupati per l’imminente e possibile costruzione di una centrale a biomassa, a servizio di una grande e nota realtà produttiva della zona, una fabbrica di marmellate famosa, la Menz e Gasser.  L’azienda ha avviato la procedura di richiesta autorizzativa, ottenendola,  per installare una centrale a biomassa legnosa,  per produrre energia termica per il proprio ciclo produttivo e energia elettrica da rivendere alla rete, con lo scopo di incamerare i forti incentivi che vengono riconosciuti a queste tipologie di centrali elettriche, classificate come fonti rinnovabili. Ho già scritto, qualche tempo fa, un articolo esplicativo su questo tema (http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/18/centrali-a-biomasse-un-altro-percorso-che-di-sostenibile-non-ha-nulla/1782864/) spiegando che molte centrali a biomassa non starebbero in piedi economicamente senza incentivi. Il punto, però, non è la centrale a biomassa in quanto tale, bensì per quale motivo viene realizzata e se serve ad un bene collettivo o solo per lucro. Mi spiego meglio: la Valsugana è una zona che sta subendo un elevato inquinamento ambientale, dovuto ad un traffico veicolare intenso, alla presenza di un’acciaieria che determina moltissimi problemi ambientali; aggiungere una nuova fonte di emissione di polveri sottili in questa zona già compromessa, preoccupa non poco la popolazione locale.  La centrale in questione non andrebbe a coprire il fabbisogno energetico della popolazione, magari realizzando una rete di teleriscaldamento e non sostituirebbe la miriade di stufe e stufette che contribuiscono non poco all’inquinamento locale, bensì sarebbe aggiunta a queste ultime. Ecco perché diventa insostenibile in questo contesto. Ecco perché la gente protesta, preoccupata per la salute dei propri figli.
L’azienda che vorrebbe installare nel proprio stabilimento questa centrale a biomassa, rappresenta una realtà di riferimento per l’occupazione locale, garantendo posti di lavoro e indubbio prestigio alla zona. Ha identificato, in questo investimento, una via per abbattere i costi energetici della propria produzione. Scelta legittima, ma non ha considerato il contesto in cui si cala tale realizzazione tecnica. Un luogo già fortemente compromesso da situazioni già al limite, in fatto di presenze di nanopolveri. Nascono i comitati locali, che avviano una protesta, una battaglia per esortare l’azienda a rivedere tali scelte tecniche, che destano grandi timori per la salute pubblica. Non vi è astio, da parte dei comitati, nei confronti dell’azienda, ma molti cittadini della zona sono preoccupati dall’inevitabile incremento di polveri sottili che tale nuova centrale determinerebbe. E la provincia di Trento? L’ente pubblico ha ribadito più volte che, dove fosse presente il metano, non avrebbe incentivato la costruzione di centrali a biomassa, in quanto ritenute non compatibili con il territorio. Ma gli investimenti industriali vanno sostenuti, perciò via lo stesso  ai contributi a questa azienda che, indubbiamente, sta investendo sul territorio per ampliare lo stabilimento ,e questo è positivo, ma lo fa perseguendo una strada che non è sostenibile per la zona. Una centrale a biomassa, fatta per incamerare gli incentivi dal GSE per la produzione di energia elettrica, si parla di circa 1.600.000 euro lordi annui, ma che brucerà quasi  19.000 TON/anno di legna, si dice proveniente dalla zona, ma la zona non ha la sostenibilità per dare tanto combustibile per molti anni. E allora cosa si brucerà nel futuro?  La via futura potrebbe essere la combustione di CSS (COMBUSTIBILE SOLIDO SECONDARIO), che verrà fabbricato dalla provincia di Trento a fine ciclo dei rifiuti? Il CSS è diventato “biomassa” per decreto, una centrale a biomassa è, costruttivamente, simile ad un inceneritore, il prodotto verrà creato in loco o a pochi chilometri. L’intreccio tra i percorsi è solo una congettura, per ora, ma una centrale a biomassa, per rendere, deve bruciare e se la legna finisce, cosa brucia? Per ora il CSS non è un obiettivo di tale centrale, ma nel tempo potrebbe diventare davvero una valida alternativa in caso di carenza di legna. La provincia si scarica dei rifiuti, che diventano “biomassa”, l’azienda trova l’alternativa alla carenza di legna locale. Forse la gente ha ragione a preoccuparsi , in questa valle che soffre già di elevate situazioni di inquinamento ambientale.