"Le idee fanno grandi gli uomini; gli uomini possono rendere grandi le idee, realizzandole!" (Marco Ianes)


venerdì 20 luglio 2012

CRISI ECONOMICA DEL SISTEMA, DELLA RAPPRESENTANZA POLITICA E DEL LAVORO: COME USCIRNE?


CRISI ECONOMICA DEL SISTEMA, DELLA RAPPRESENTANZA POLITICA E DEL LAVORO: COME USCIRNE?

Il mio intervento al convegno CGIL del 17/07/2012.

 I temi del dibattito odierno rappresentano i problemi quotidiani di tutto il Paese, compreso il nostro Trentino; problemi che troviamo presenti in ogni momento della giornata, in ogni attività e che coinvolgono tutti gli attori della vita sociale ed economica del Paese stesso.

Sono, quindi, temi sui quali è sempre necessario discutere e analizzare proposte, idee e percorsi da intraprendere per cercare di trovare risposte sostenibili e, soprattutto, credibili.
Su questi due ultimi termini vorrei soffermarmi un attimo  e proporre qualche riflessione.
Sostenibilità e credibilità.
Il sistema su cui si basa l’attuale economia del Paese, ma oserei anche dire del mondo intero, così com’ è strutturato, non è più sostenibile. Al di là delle opinioni personali, questo è diventato un dato oggettivo e difficilmente confutabile. È un sistema viziato da speculazioni fortissime su investimenti finanziari che, molto spesso, si rivelano delle vere e proprie “bolle” che esplodono in mano agli investitori stessi; non a tutti, ovviamente; coinvolgono i piccoli risparmiatori che si vedono defraudati di risparmi di una vita e, invece, permettono agli squali della finanza di speculare ed arricchirsi sempre più; è un sistema non più sostenibile, perché  si basa su un modello si sviluppo superato; si basa sullo sfruttamento delle fonti di energia fossili, che sono in via di esaurimento e stanno causando danni ambientali pesantissimi e costosissimi; un modello di sviluppo basato su scambi finanziari che mettono in secondo piano il benessere dei cittadini e dei lavoratori; un modello di sviluppo che ha al centro lo sfruttamento delle risorse per il mero profitto di pochi, sfruttando il lavoro della maggioranza delle gente, costretta, tra l’altro, poi a dissanguarsi per sostenere il sistema stesso. Siamo in mano alle agenzie di rating, che guarda caso, regolano i flussi economici del mercato finanziario, declassando un Paese che si sta dissanguando per tentare di risanare i conti pubblici. Le stesse agenzie di rating che hanno conflitti di interesse enormi, dato che forniscono consulenze a moltissimi investitori nei mercati finanziari che loro stesse dovrebbero tenere monitorati.
Ne è un esempio la crisi economica partita negli Stati Uniti, con le banche che erogavano mutui a chiunque, senza verificarne l’effettiva sostenibilità da parte dei soggetti sottoscrittori; questo ha dato l’avvio ad un effetto domino difficilmente arrestabile. Questo è solo un esempio di mala finanza, poiché il sistema vero e proprio è basato su meccanismi poco virtuosi, che incentivano la speculazione finanziaria, per esempio favorendola con tassazioni che, definire “leggere” è veramente risibile. Si preferisce tassare il lavoro diretto rispetto alle speculazioni finanziarie!
Che dire, poi, di un sistema che permette a molti evasori fiscali di esportare denaro in maniera illegittima verso paradisi fiscali e, poi, predispone scudi fiscali che permettono il rientro di questi denari con tassazioni assurdamente irrisorie e con la garanzia di impunità per questi evasori? Quale sostenibilità e credibilità possiamo vedere in un sistema simile? Potrei citarne un’infinità di esempi come questi, di condoni fiscali perpetuati negli anni, che sanno di presa in giro per tutte le persone oneste che lavorano e pagano le tasse;
come possiamo, poi, parlare di sistema sostenibile, quando abbiamo costi della politica che sono incomprensibili e ingiustificabili? Guardate, non è una caccia alle streghe, quella di dire che il sistema politico costa troppo per il nostro Paese; e qui non si tratta di parlare di stipendi o indennità dei vari rappresentanti  politici; questa voce è solo la punta di un iceberg gigantesco! Sotto la punta di questo iceberg, ci sono una miriade di costi occulti, quali, ad esempio, enti inutili che sono sostenuti e tenuti in piedi solamente perché rappresentano dei bacini di voti perenni per il politico di riferimento, che ne tiene alta la bandierina. (esempi:Ente nazionale gente dell’aria, dell’Istituto nazionale per le case degli impiegati dello Stato costituito nel 1924 o dell’Ente nazionale per l’addestramento dei lavoratori del commercio (questo per non parlare della Cassa conguaglio zucchero o dell’Ente Colombo, quello di Genova 1992).
Come possiamo credere ancora in un sistema che permette a dirigenti pubblici di andare in pensione e il giorno seguente affida incarichi di consulenza alle stesse persone, con le stesse funzioni di prima? Quale credibilità può avere un sistema che continua a perpetuare la presenza in Parlamento, o anche nelle rappresentanze periferiche, delle stesse persone da 15, 20 o 30 anni?  Che futuro può dare ad un paese una classe politica che non sa generare il giusto ricambio generazionale?
Viviamo momenti duri e, per molte aziende e lavoratori, non ci saranno grandi prospettive di miglioramento a breve tempo; si continua a prelevare dalle tasche della gente comune, dimenticandosi che esistono possibilità diverse per reperire denaro utile per il risanamento dei conti pubblici e per investimenti credibili e sostenibili. Non troverei nulla di scandaloso , ad esempio, in una tassa patrimoniale equilibrata; non una tassa di classe, ma una tassa sui patrimoni; non è reputata scandalosa  nemmeno da chi  guida il settore industriale, ma perché quindi non viene considerata? Troverei degno di un Paese che si definisce civile, dare forza e vigore ad una lotta all’evasione fiscale credibile e sostenibile; per esempio confrontando i tenori di vita di alcuni personaggi con la loro dichiarazione dei redditi e trovare i motivi, magari anche giustificabili, di una divergenza così evidente. Oppure definendo parametri di tassazione equa sui proventi finanziari, magari detassando, invece, i proventi dal lavoro primario, quello cioè che determina il sostentamento delle famiglie.
Investire su formazione e ricerca, dovrebbe essere uno dei punti cardine di un sistema di sviluppo che torni a mettere al centro il benessere dei cittadini, il lavoro serio e dignitoso per i cittadini; siamo invece schiavi dello spread e dobbiamo rincorrere un debito pubblico che è ormai perennemente fuori controllo.
Questa crisi che imperversa, però, ha portato a galla anche alcune possibilità per intraprendere percorsi diversi e più virtuosi, nell’ambito della sostenibilità e della credibilità. Penso, ad esempio, al settore industriale della green economy; di questo settore sento parlare positivamente tutti gli esponenti politici, di tutti i colori e di qualsiasi provenienza; però, nei fatti, assistiamo ancora al sostentamento del vecchio modello economico, che sostiene le lobbies del petrolio e del gas, le grandi multinazionali del settore energetico che vogliono mantenere il controllo sullo sviluppo di questo nuovo modello, limitandolo e calmierandolo, per poterlo gestire a proprio uso e profitto.; ( esempio: Enel che critica gli incentivi al fotovoltaico, poiché ha accusato introiti minori per il settore vendita energia del 4-5%, salvo averne sfruttato la convenienza con ENEL GREEN POWER, tramite la costruzione di grandi centrali a terra, incentivate dal 2° conto energia: tutto bene finché ci guadagnano loro, ma quando è il semplice cittadino ad avere la possibilità di prodursi l’energia, si trovano mille ostacoli burocratici per limitare o ritardare le connessioni in rete degli impianti privati). Anche qui un modello di gestione che denota un grande conflitto di interesse: il più grande distributore e venditore di energia italiano che è anche il gestore della rete a cui devo collegare la maggior parte degli impianti di produzione!
E siamo ancora alla credibilità di questa politica, che a parole vuole sostenere la green economy, ma nei fatti continua a perpetuare incentivi a chi produce energia con l’incenerimento dei rifiuti, incentivi a chi usa fonti fossili, che al nostro paese costano tantissimo, poiché siamo costretti ad importarle. M i soffermo su un piccolo esempio pratico: quale credibilità può avere  un Paese che, nel giro di un anno e mezzo ha emesso 3 rivisitazioni del sistema di incentivazione per lo sviluppo del fotovoltaico? Parliamo di rivisitazioni strutturali, non di piccoli ritocchi. Ditemi come è possibile per le aziende, programmare investimenti in un  progetto di rivalutazione energetica, senza una stabilità di riferimento legislativo? Ebbene, ecco qui che torna il concetto di credibilità di ciò che politicamente un Paese vuole fare per uno sviluppo sostenibile; zero credibilità per gli investitori, scarsi investimenti che si traducono in posti lavoro persi o non incrementati, in un settore che, invece, sarebbe in forte sviluppo e rappresenterebbe davvero un percorso nuovo dal punto di vista della sostenibilità economica e ambientale. Si vuole sostenere la green economy, ma non si parla di progettazione del rinnovamento della rete elettrica nazionale, vero tallone di Achille del nostro sud! Abbiamo impianti eolici incentivati, nel sud Italia, che sono costretti a lavorare al 40-50% della loro potenzialità, perché nelle zone in cui sono stati installati, le linee elettriche sono obsolete o inadeguate; e qui, possiamo introdurre lo sviluppo delle infrastrutture; quali infrastrutture sviluppare in Italia? Ma certamente il ponte di Messina, che risolve i nostri problemi!! In un paese che si definisce avanzato e sviluppato, manca un vero e proprio piano energetico nazionale, che preveda il risanamento delle infrastrutture, investimenti seri e ben calibrati sull’uso e l’incentivazione delle fonti di energia rinnovabile (eolico,fotovoltaico, idroelettrico, biomassa….); un sistema energetico che ci permetta di limitare e calare sensibilmente la dipendenza dalle fonti fossili, con ovvi benefici anche per il nostro ambiente.
La domanda posta – COME USCIRNE?-  non ha certamente una facile risposta e,qui, non si può certo pretendere di dare risposte esaustive e nemmeno si può ambire ad avere la classica bacchetta magica che tira fuori dal cilindro la soluzione a tutti i problemi; tuttavia, alcuni temi fondanti per rigenerare un percorso vecchio e stantìo, ci sono e sarebbe bene cominciare davvero a valorizzarli.
-        Sviluppo reale della Green economy: in questo settore entrano una serie di attività che, molto spesso, vengono confuse solamente con lo sviluppo del settore fotovoltaico o eolico; ebbene, in questo macro settore, entrano una serie di filiere industriali che potrebbero davvero essere il nuovo motore di una nuova e  piccola rivoluzione industriale, che potrebbe mettere in campo nuovi percorsi di investimento, nuovi posti di lavoro, con conversioni industriali di stabilimenti che, in questo momento , sono a rischio di chiusura; penso, ad esempio allo sviluppo delle nuove tecnologie di gestione dei rifiuti, dove si prevede il quasi totale reimpiego delle componenti essenziali dei vari materiali : plastiche, carta e cartone, metalli…; queste nuove industrie potrebbero aprire le porte ad una gestione eco-sostenibile del problema rifiuti.
-        Sviluppo di un sistema fiscale che premi le attività imprenditoriali ed i lavoratori che sono in regola con il fisco e penalizzi fortemente gli evasori fiscali; non ci può essere impunità per chi evade le tasse; ma questo deve diventare un momento culturale importante: il concetto che pagare le tasse è necessario per lo sviluppo e la crescita del paese, deve essere coltivato anche nella formazione scolastica di ogni cittadino; per contro, però, è necessario ridare fiato a chi le tasse le paga veramente, cominciando ad alleggerire la tassazione, permettendo così alle famiglie di riappropriarsi di una capacità di acquisto adeguata;
-        Ridare credibilità alla politica: e questo è davvero un nodo cruciale per il nostro Paese. È necessaria una nuova legge elettorale che permetta l’elezione diretta dei rappresentanti politici; i cittadini devono sapere che faccia hanno gli amministratori ai quali affidano la gestione del Paese; inoltre, è davvero vincolante, per la credibilità della politica, limitare il numero di mandati, a tutti i livelli; si eviterebbero fenomeni di accentramento del potere e si favorirebbe la crescita e lo sviluppo di giovani leve.
Ovviamente, questi sono solo alcuni spunti sui quali dovremo lavorare tutti, indistintamente; chi non crede in questi percorsi nuovi o, peggio, fa finta di crederci, coltivando l’idea di proseguire imperterrito sui vecchi sentieri, dimostra di non aver capito che siamo arrivati davvero molto vicini al baratro; risalire la china sarà possibile, ma solamente con metodi nuovi e diversi, con una politica realmente credibile e sostenibile, fatta di fatti e non promesse vacue.
Ci sono molte realtà che stanno cercando di proporre sistemi diversi, percorsi nuovi per una politica credibile e sostenibile; non è facile trasmettere nuovi concetti, nuove idee, nuovi percorsi; non è facile coinvolgere le persone , che sono molto amareggiate e letteralmente schifate da questa politica per nulla credibile; non è facile divulgare queste nuove possibilità e questi nuovi percorsi, anche perché, molta stampa non da spazio a idee diverse e a persone non schierate con chi regge il timone di questa nave alla deriva. Molta stampa percepisce contributi dal sistema e, quindi, deve anch’essa prestare attenzione a chi dare spazio; ma, per fortuna, ci sono mezzi che possono arrivare alla gente comune, quali il web o, anche più semplicemente, i vecchi e tradizionali banchetti in piazza; raggiungendo la gente e parlando tra di noi, semplici cittadini, forse potremo dare un valido contributo ad un cambio di modello di sistema che è sempre più necessario ed essenziale. E, questa, contrariamente a quanto sostengono molti politicanti di mestiere, non è anti-politica, ma la vera politica al servizio dei cittadini.
La nuova strada è in salita, tortuosa e impervia, ma solamente percorrendo questa strada, sarà possibile ristrutturare un Paese che appare destinato ad un declino inesorabile, guidato da una classe politica che ha perso ogni contatto con la realtà e con i propri cittadini.


Marco Ianes - Trento

giovedì 12 luglio 2012

QUINTO CONTO ENERGIA. CONVIENE ANCORA UN PICCOLO IMPIANTO FOTOVOLTAICO?

Come cambierà la resa economica di un piccolo impianto FV da 3 kWp su edificio con il quinto conto energia? Quali i tempi di ritorno dell'investimento? Quali differenze con il quarto conto energia? Qualenergia.it con l'aiuto dell'ingegner Fabio Alberani di ATER, l'associazione tecnici energie rinnovabili, prova a rispondere a queste domande.
Vi propongo qui un articolo tratto dal portale QUAL'ENERGIA.
Marco Ianes - Trento

Tratto dal sito www.qualenergia.it 

L'inizio del travaglio del quinto conto energia è stata una misteriosa bozza, forse uscita dal computer di una dipendente Enel. Un documento che a leggerlo sembra concepito per mettere la parola “fine” alla storia del fotovoltaico in Italia. Sono seguiti mesi di mobilitazioni da parte degli operatori del settore, nuove bozze riviste, e tante indiscrezioni. Poi il tentativo di mediazione delle Regioni, che in Conferenza Unificata avevano dato parere positivo al decreto a condizione che fossero accolte alcune modifiche “imprescindibili”. Infine, dopo uno snervante silenzio di settimane, venerdì scorso è arrivata la versione definitiva del quinto conto energia, che dovrebbe entrare in vigore a inizio settembre.
Come si può vedere dal testo del decreto (e dalla sintesi di Qualenergia.it), le richieste fatte in Conferenza Unificata sono state in larga parte ignorate, mentre è intatto lo spirito della prima bozza “made in Enel”, fortemente punitivo nei confronti di questa fonte che ha iniziato a essere scomoda per i produttori da fonti fossili per la concorrenza a costo marginale zero nelle ore diurne.
Nei prossimi giorni avremo modo di sondare quelle che saranno le probabili conseguenze del nuovo conto energia per il fotovoltaico in Italia. Intanto proviamo a rispondere alla domanda che molti lettori si stanno facendo: mi conviene ancora fare un piccolo impianto domestico sul tetto di casa?
Con l'aiuto dell'ingegner Fabio Alberani di ATER, l'associazione tecnici energie rinnovabili, abbiamo guardato come cambierà la resa economica di un impianto dimensionato a misura di famiglia, cioè da 3 kWp su edificio, con il quinto conto energia e le differenze con il quarto.
Si tratta di una taglia di impianto che è tra le meno penalizzate dal nuovo regime incentivante, visto che è esonerata dal famigerato registro che scatta solo sopra i 12 kWp (o 20 kWp con tariffa decurtata del 20%). Piccoli impianti che in Italia hanno dimostrato una discreta diffusione: se a livello di potenza installata la maggior parte (circa 11,5 GW su 14) viene da impianti sopra i 50 kW, per numerosità, sui quasi 400mila impianti FV italiani, circa 350mila sono impianti sotto ai 20 kWp.
Per la nostra analisi abbiamo ipotizzato che l'impianto da 3 kWp entri in esercizio nel primo semestre di applicazione del quinto conto energia, ossia entro il 31 dicembre 2012. Abbiamo considerato che abbia un costo chiavi in mano (Iva inclusa) di 2.800 €/kWp; che sia realizzato con tecnologia “made in Europe”, riuscendo dunque ad accedere al premio relativo sulla tariffa, pari a 2 centesimi di euro per kWh. Per un impianto con componenti made in Europe il prezzo ipotizzato è nella parte bassa del range di prezzi attuali, ma abbiamo voluto usare questo dato "ottimistico" pensando alla diminuzione dei prezzi in corso che verosimilmente accelelererà nei mesi successivi.
L’impianto è orientato perfettamente a sud con un'inclinazione di 20 gradi. Abbiamo considerato tre località di installazione per avere un'idea di come cambia la resa economica con la producibilità: Milano, Roma e Palermo.
Come sappiamo, il nuovo conto energia prevede due distinte tariffe incentivanti: una applicata solo all'energia immessa in rete, la tariffa omnicomprensiva, l'altra solo all'energia autoconsumata, il premio autoconsumo. Nel nostro caso la tariffa omnicomprensiva con il V CE sarebbe di 208 €/MWh, che diventano 228 con il premio sul “made in Europe”, mentre il premio per l'autoconsumo sarebbe 126 €/MWh che diventano 146 con il premio. Abbiamo ipotizzato che la famiglia in questione consumi 2.700 kWh (nel primo anno il prezzo del kWh preso dalla rete è stimato in 0,18 €) è che riesca ad autoconsumare il 50% dell'energia prodotta dall'impianto: “questa percentuale è ovviamente una stima, ma nasce dalla nostra esperienza su attività residenziali standard con riscaldamento a metano”, ci spiega l'ingegner Alberani.
Andiamo dunque a vedere in sintesi i risultati. A Milano (qui tutti i dettagli della simulazione), dove si ha una produzione annua (media su 20 anni) di 3.050 kWh, con il quarto conto energia in 20 anni prenderemmo circa 16.906 € di incentivi, con il quinto invece l'incasso per incentivi (mettendoci dentro sia la tariffa omnicomprensiva e il premio autoconsumo) è di 11.407 €. In questo modo i tempi di rientro dell'investimento – 8.400 €  che qui abbiamo ipotizzato siano capitale proprio – salgono dai 7 anni del quarto conto energia a 11 con il quinto. Allo stesso modo il valore attuale netto per i 25 anni di vita dell’impianto con il quarto conto energia ammonta a 24.549 euro, mentre con il quinto conto quinto energia è meno della metà: 10.336 euro.
Leggermente più attraenti i risultati per gli impianti dove si produce di più: a Roma (vedi dettagli) dove con il IV CE l'impianto si ripagherebbe in 6 anni, con i nuovi incentivi si ripaga in 9 e il guadagno netto attualizzato su 25 anni diventa di 14.536 euro contro i 31.567 del quarto conto energia.
A Palermo invece (qui dettagli) il tempo di rientro dell'investimento del nostro impianto da 3 kW sale da 5 a 8 anni e il guadagno netto su 25 anni scende da € 36.066 a 17.228.
Insomma, il fotovoltaico alle famiglie italiane conviene ancora. Più attraenti potranno essere i conti se il prezzo degli impianti continuerà a diminuire e se la quota di autoconsumo è più elevata (premio autocunsumo + costo elettricità dalla rete maggiore della tariffa ominicomprensiva); questa infatti è la strada per massimizzare la convenienza di un impianto. Con i prezzi attuali e un autoconsumo del 50% però, come abbiamo visto, i guadagni tendono a dimezzarsi rispetto al quarto conto energia. Un colpo piuttosto duro, soprattutto se si pensa che questa tipologia di impianti è quella tra le meno penalizzate dal nuovo conto energia.

giovedì 5 luglio 2012

COME USCIRE DALLA DITTATURA DEGLI INCENERITORI


Propongo qui un intervento di alcuni amministratori dei "Comuni Virtuosi":


COME USCIRE DALLA DITTATURA DEGLI INCENERITORI di Marco Boschini, Domenico Finiguerra e Luca Fioretti

I rifiuti sono la punta dell’iceberg di questo modello di sviluppo totalmente insostenibile e autodistruttivo. Rappresentano meglio di ogni altra considerazione le condizioni climatiche che lo sviluppo ad ogni costo, la crescita infinita, il mito del prodotto interno lordo creano ogni giorno, sono macigni da rimuovere per poterci dare un futuro che parli di benessere e qualità della vita.

Ogni anno produciamo sempre più rifiuti, e con la scusa di non sapere dove metterli la politica nazionale, senza distinzione di sorta o schieramento, sceglie la strada più semplice, la scorciatoia degli inceneritori. Li si maschera chiamandoli con un altro nome, termovalorizzatori, cercando con un incantesimo di spostare l’attenzione sulla presunta convenienza energetica nella combustione di materiali post consumo che, con un minimo di buonsenso e una filiera impiantistica corta e sostenibile potrebbero tranquillamente essere avviati totalmente a recupero e riutilizzo.

Siamo l’unica nazione in Europa ad associare queste micidiali macchine di morte a impianti per la produzione di energia pulita, non è un caso infatti se grazie alla truffa dei CIP 6 paghiamo multe salatissime alla comunità europea.
(http://www.gse.it/attivita/Incentivo%20impianti%20CIP692/Pagine/QuadroNormativo.aspx)

Ci inventiamo finte emergenze rifiuti, e fintamente le risolviamo con periodicità sospetta, senza nemmeno essere in grado di rispettare quegli obiettivi minimi di raccolta differenziata che noi stessi ci siamo imposti con le normative regionali e nazionali.

Guardiamo con sospetto e agitiamo il mito del progresso ogni qualvolta si dimostra che ridurre è meglio di produrre, che recuperare è meglio di incenerire, che un pò meno per tutti è meglio del tutto per pochi…

E ancora oggi, nell’epoca dei rifiuti zero e delle grandi città e Paesi che in mezzo mondo hanno cambiato strada, noi siamo ancora qui a discutere di nuove linee e nuovi inceneritori, perché i nostri amministratori e governanti (di destra e di sinistra) non sanno pensare in altro modo che come pensa un diavolo: bruciare, bruciare e ancora bruciare!

Quando invece basterebbe una legge, pochi articoli semplici e chiari per raggiungere, in un colpo solo, molteplici risultati:
- riduzione dell'impatto ambientale e conseguente abbattimento dell'inquinamento
- risparmio economico per lo Stato
- creazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro
- miglioramento della qualità della vita degli italiani
- superamento della filiera assurda degli inceneritori.

Fantascienza? Semplice provocazione? Entriamo nel merito.

Oggi in Italia sono circa 1.500 i comuni che praticano attivamente il sistema di raccolta differenziata porta a porta dei rifiuti, con l'eliminazione dei cassonetti stradali e la consegna dei bidoncini alle famiglie del territorio. Sono comuni di montagna e di pianura, comuni piccolissimi e città, amministrati da giunte di sinistra e di destra, comuni del Nord come del Centro e del Sud. Insomma, un campione abbastanza eterogeneo e quindi attendibile.

Ovunque le percentuali di raccolta differenziata hanno superato, spesso di gran lunga, le percentuali minime richieste dalla normativa nazionale, con vere punte di eccellenza (su tutti valga il racconto dell'esperienza di Ponte nelle Alpi - BL, premiato quest'anno come vincitore assoluto dei Comuni Ricicloni per aver raggiunto quota 90%).
(http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/09/10/il-miracolo-quotidiano-di-ponte-nelle-alpi-bl/59110/)

Le bollette per i cittadini in questi comuni diminuiscono, o perlomeno restano inalterate, e i costi per le pubbliche amministrazioni hanno drastici ridimensionamenti, perché diminuendo la produzione complessiva di rifiuti diminuiscono le spese per i sindaci virtuosi.

Si creano posti di lavoro, perché si smette di sotterrare banconote nelle discariche o di bruciarle in un camino, e le si utilizza per assumere personale che lavora alla raccolta di quanto i cittadini differenziano. E' anche un ottimo modo per entrare nelle case a contatto con le famiglie, facendo una sana partecipazione.

All'appello mancano circa 6.600 comuni... Si calcola che se si avviasse domani mattina un programma nazionale per estendere ovunque il porta a porta si potrebbero creare, nel giro di pochi mesi, circa 250.000 posti di lavoro (senza contare tutto l'indotto), spendendo infinitamente meno dei soldi pubblici che buttiamo per costruire inceneritori che, nella migliore delle ipotesi, sono brutti da vedere (e molto probabilmente da "respirare").
(http://www.comunivirtuosi.org/index.php/news/4-news-generica/478-loccupazione-sostenibile)

Nel giro di qualche mese si potrebbe far adottare a tutti i comuni italiani, il sistema porta a porta per la raccolta dei rifiuti, con forme incentivanti e penalizzazioni per i comuni più o meno virtuosi.

Una cosa del genere creerebbe una reazione a catena formidabile: l'imprenditoria locale sarebbe incentivata ad investire in un'impiantistica locale finalizzata al recupero e riutilizzo del materiale post-consumo proveniente dalle raccolta domiciliare; i cittadini farebbero a gara (con la conseguente introduzione della tariffazione puntuale, per cui si paga solo per ciò che non si riesce a differenziare) per produrre sempre meno rifiuti alla fonte; le imprese si vedrebbero finalmente costrette a concepire, progettare e produrre beni e merci senza imballaggi, sfuse, alla spina. Gli enti locali sovradimensionati comincerebbero ad investire in una filiera corta di impianti in grado di recuperare e trasformare i materiali post consumo provenienti dalla raccolta domiciliare, abbandonando definitivamente la logica degli inceneritori e delle discariche.

Marco Ianes - Trento