"Le idee fanno grandi gli uomini; gli uomini possono rendere grandi le idee, realizzandole!" (Marco Ianes)


sabato 26 marzo 2011

Inceneritore a Trento: il teatrino della politica!

Verrebbe da dire “qualcuno lo aveva detto!”

Mi riferisco alle motivazioni delle aziende in merito alla rinuncia alla partecipazione alla gara per l’inceneritore di Trento, come pubblicato sui giornali trentini oggi. Che il bando fosse assurdo, anti-economico e non sostenibile, lo avevamo detto in tanti, perché le quantità di rifiuti da bruciare, la doppia linea prevista, la dislocazione infelice e tutti gli altri paletti posti in essere non chiudevano favorevolmente il bilancio economico ed energetico.

Però, ora, dopo questo buco nell’acqua, sarebbe opportuno fermarsi a riflettere sulle altre prospettive e possibilità che la tecnica moderna offre. L’altro giorno sono stato invitato, come referente tecnico del Coordinamento Trentino Pulito, a relazionare in commissione ambiente per l’alternativa possibile sull’inceneritore; ho portato dati a supporto della tesi alternativa, non chiacchiere vacue, con confronti analitici con il prospettato inceneritore; tutto ciò che ho mostrato agli illustri consiglieri membri della commissione è reperibile e scaricabile dal sito del Coordinamento stesso (www.trentinopulito.org).

Mi soffermo, però, sull’aspetto politico della vicenda; in fase iniziale della riunione, alcuni consiglieri della maggioranza hanno ritenuto opportuno censurare con un documento la convocazione del presidente Maestranzi, adducendo a scusante il fatto che tutto era già stato deciso anni prima, deliberando la costruzione dell’inceneritore , quindi, tale riunione non sarebbe stata opportuna, anzi era del tutto inutile! Vorrei evidenziare, però, che l’inceneritore non è ancora stato costruito, il bando di gara per la sua costruzione è andato deserto e, quindi, il tema può essere messo tranquillamente in discussione di nuovo; solitamente si fa così quando qualcosa va storto! Mi permetto segnalare anche che, le decisioni prese 8-10 anni fa, non possono avere la stessa valenza ora, poiché nel frattempo la tecnologia ha fatto passi da gigante, dando prospettive e sistemi diversi, sicuramente molto più sostenibili sotto il profilo ambientale e sociale. Ridursi ad un mero e bieco teatrino della politica, come è stata la presentazione di un documento simile, chiaramente imposto dall’alto, non rappresenta certo un simbolo di democrazia partecipativa e di dialogo, anzi! Mette in evidenza, ancora una volta, quanto sia lontana la politica del palazzo dalla vita reale e dai sentimenti della gente comune che, invece, decide di riunirsi in associazioni per portare soluzioni tecniche all’avanguardia e rispettose dell’ambiente. Ma scusate, non dovrebbero essere questi signori a proporre le idee, visto che li abbiamo eletti in nostra rappresentanza? Non dovrebbero essere i signori consiglieri a verificare che chi ci governa metta in atto tutto ciò che la tecnica consente per trovare le soluzioni migliori? Invece no; siamo noi cittadini che, dopo giornate di lavoro, ci sobbarchiamo l’onere di verificare che i “nostri eletti” non facciano solo i semplici soldatini, come è accaduto spesso in ambito di scelte ambientali. Mi stupisco, poi, di alcune dichiarazioni rilasciate da alcuni consiglieri della maggioranza; ho sentito dire:” Riunione inutile, poiché si è già deliberato di fare l’inceneritore!”. Ma, scusate ancora, se il bando è andato deserto e le aziende stesse vi dicono che il sistema non si regge con simili quantitativi di rifiuti, perché non rivedere il tutto e studiare un sistema radicalmente diverso, che possa trovare sostegno economico ed etico? Forse qualcuno, in consiglio comunale ed in giunta, dovrebbe scendere un pochino dal piedistallo che si è costruito e prendere coscienza del fatto che la strada intrapresa è sbagliata, ma è ancora possibile tornare indietro e tracciarne una nuova e credibile; prima che sia troppo tardi per tutti! Perché qui è in gioco una partita importante che coinvolge il benessere di tutti, la salute di tutti; e questi politici che giocano al teatrino dei dinieghi per ordine di scuderia, non sono certo rappresentanti coscienziosi dei propri elettori.

Marco Ianes - Trento

giovedì 17 marzo 2011

Non è un opinione:gli inceneritori sono la prima fonte di emissione di diossine in Italia.

Non è un opinione:gli inceneritori sono la prima fonte di emissione di diossine in Italia.

(Inventario della Commissione Europea, rapporto finale del 31/12/2000 -3°volume,pag.69)

Proseguono gli incontri informativi per l'alternativa possibile all'inceneritore.

Prossimo appuntamento : martedì 22 marzo 2011 - ore 20.30

SALA CIRCOSCRIZIONALE S.GIUSEPPE-S.CHIARA - VIA PERINI,1

INTERVENTI:
- L'alternativa possibile all'inceneritore- relatore Marco Ianes Coordinamento Trentino Pulito
- Raccolta differenziata al 90 %: Ponte nella Alpi- relatore dott. Stefano Triches direttore di Ponte Servizi
- L'inceneritore è nudo- a cura di Nimby Trentino
- Inceneritore: rischi per la salute- a cura di ISDE medici per l'ambiente

Incontro pubblico aperto a tutta la cittadinanza.

Fissati standard qualitativi minimi per gli impianti elettrici civili:rivoluzione nell'edilizia abitativa.

Per la prima volta nella storia della normativa elettrica si dettano regole, precise ed inequivocabili, sui limiti minimi prestazionali degli impianti elettrici a servizio degli edifici civili.
Da rilevare il fatto che non si tratta di una nota informativa o di una guida, bensì di un allegato tecnico alla norma e, quindi, parte integrante della norma stessa.
Ma che significa tutto ciò? È molto semplice: i limiti minimi fissati garantiscono valori standard di qualità dell’impianto elettrico per tutelare il cliente che, ovviamente non è a conoscenza di ciò che l’impianto stesso deve fornire in termini prestazionali e così viene garantito normativamente. La norma, finora, fissava i limiti minimi di sicurezza e su questi non è possibile derogare, per certificare “a regola d’arte” un impianto elettrico. Però, ora, cambia radicalmente la visione d’insieme dell’impianto elettrico, analizzato non più solamente come servizio ausiliario dell’abitazione, bensì come complementare e funzionale al raggiungimento di standard qualitativi accettabili per la vivibilità dell’abitazione stessa. Le novità, specificate nella nota allegata, si applicano solamente alle unità abitative(di qualsiasi ordine e tipo)e non ai servizi condominiali o ad altri impianti elettrici.
Ciò che viene introdotto con questa variante, rappresenta un passaggio rilevante nei rapporti di vendita di unità abitative, in quanto viene garantita, all’acquirente, una qualità minima di prestazioni dell’impianto elettrico. Chi scrive si occupa di progettazione elettrica da qualche decennio e,quindi, sulla base di tale esperienza, sorge un quesito: riusciranno gli imprenditori edili a capire e cogliere l’opportunità di realizzare impianti elettrici accettando almeno lo standard qualitativo minimo previsto dalla norma per il livello 1, oppure prevarrà la dominante filosofia del falso risparmio sui punti di utilizzo che, di fatto, dequalifica poi l’intera opera edile? Se, da una parte, l’intervento del normatore è stato indubbiamente encomiabile e innovativo, ora c’è da lavorare sulla mentalità di approccio al sistema di realizzazione, più da parte degli operatori edili che, molto spesso, hanno in mano il pallino decisionale per stabilire il budget da destinare alle opere elettriche a corredo delle unità abitative. Molto possono fare, però, anche gli installatori elettrici ed i progettisti di settore, ai quali viene demandato il compito di trasmettere correttamente queste importantissime novità normative, che permetteranno di garantire standard qualitativi veramente al passo con i tempi e con le esigenze reali ormai consolidate e richieste dagli utenti finali degli impianti stessi.
Per chi fosse interessato ad approfondire, ecco il link all'articolo completo:

domenica 6 marzo 2011

Energie rinnovabili: Si naviga a vista ovvero, del futur non v’è certezza!

Energie rinnovabili: Si naviga a vista ovvero, del futur non v’è certezza!

Il 3 marzo scorso il Governo ha varato un dispositivo di legge che ha sconquassato tutto il settore delle energie rinnovabili.

In tale decreto si sono tolti i capisaldi sui quali poggiavano gli investimenti di aziende nel settore delle energie rinnovabili. Nel luglio scorso, si era dato avvio al nuovo “conto energia”, che avrebbe regolato gli incentivi fino al 2013, fissando nuove tabelle e nuove inquadrature per le tipologie degli impianti fotovoltaici. Già in quel provvedimento, il governo tagliò le aliquote di incentivo, con una progressione lineare anche condivisibile, dato lo sviluppo delle tecnologie e il conseguente abbassamento dei costi di installazione degli impianti stessi. Con quel decreto tutte le aziende del settore hanno avuto gli strumenti necessari per programmare investimenti e conseguenti accessi al credito per sviluppare strategie e mantenere, di conseguenza, i circa 150.000 posti di lavoro del settore. E così fu!

Ma, con il decreto dello scorso 3 marzo, tutte le certezze cadono e la programmazione salta! Ma il danno per il settore è altissimo. Vi sono moltissime aziende che, sulla base del decreto emanato nel luglio scorso, avevano programmato investimenti elevatissimi, avevano assunto personale per far fronte ad una programmazione triennale certa. Un piccolo esempio reale: a fine ottobre 2010 sono stato contattato, per la parte progettuale,da un’impresa di costruzioni meccaniche che, sul tetto della propria fabbrica di produzione aveva deciso di investire in tecnologia, installando un impianto fotovoltaico da circa 500 KW, sufficiente a soddisfare il proprio fabbisogno energetico; si procede con la stima dei costi, sulla base delle tariffe incentivanti rilasciate a luglio 2010;a fine novembre il consiglio di amministrazione delibera di mettere a budget un investimento di circa 1.750.000 euro per procedere alla realizzazione di tale opera; i tempi previsti per tale realizzazione oscillano tra i 6-8 mesi (tra autorizzazioni, esecuzione e allacciamento alla rete elettrica); partenza dell’iter procedurale ai primi di dicembre; i primi di febbraio si parte con i lavori effettivamente; la banca ha già concesso il credito per tale opera, nel dicembre scorso, sulla base del business-plan generato con il conto energia di luglio 2010 e quindi grazie alle garanzie date dagli incentivi statali. Non è certo se si riuscirà ad allacciare l’impianto alla rete elettrica entro il 31 maggio (limite previsto dal recente decreto ammazza-rinnovabili) e quindi sapete cosa è successo? La banca ha già invitato l’azienda a produrre altre garanzie a titolo dell’investimento; e dove sono andati a prenderle? Ipotecando lo stabile! Il rischio è quindi altissimo, poiché se l’impianto verrà connesso oltre il 31 maggio, non si sa quali saranno i futuri incentivi, non si sa nemmeno chi sarà dentro e chi starà fuori, non si sa se l’investimento diventerà un buco nero dal quale difficilmente si uscirà! Questo è solo un piccolo esempio dell’incertezza generata con un decreto nato male e divulgato peggio. Moltissime sono le aziende che stanno letteralmente “sudando freddo” per rischi incalcolabili e imprevedibili in fase di programmazione di un investimento già avviato. Il decreto emanato nei giorni scorsi ha prodotto uno scompiglio enorme in un settore che era in fortissima espansione, dava lavoro a circa 150.000 operatori del settore e garantiva respiro per molte aziende che potevano investire in tecnologia utile a produrre energia a bassissimo impatto ambientale e, molto spesso, per autofinanziare i propri costi energetici.

Un’altra osservazione:segnalo che sono più di venti anni, che paghiamo circa il 4-5% in bolletta per lo sviluppo delle energie rinnovabili; ma sono solo 6-7 anni che sfruttiamo tale accantonamento per i reali fini iniziali; dove sono andati prima tutti i soldi? Nello sviluppo di tecnologie classificate come rinnovabili in maniera inappropriata; un piccolo esempio? Gli inceneritori! A tutt’oggi godono di incentivi pubblici, i cosiddetti “certificati verdi”; mi spiegate cosa c’entrano tali investimenti con le energie rinnovabili? Questo per dire che non è corretto affermare che il fotovoltaico fa sprecare risorse pubbliche; semmai lo spreco è da cercare altrove!

Infine, un’ultima considerazione: è giusto rivedere i parametri di incentivazione in base all’andamento di mercato, ma tale analisi era già stata contestualizzata nel luglio scorso, definendo ribassi molto significativi, che però hanno permesso una programmazione certa alle imprese del settore. Ora si naviga a vista, senza programmazione e con il rischio di fallimento per molti investitori del settore, che si vedono ingannati in tempo reale e senza preavviso, da un governo che emette decreti tali da infliggere colpi mortali a questo settore dell’economia che, ricordo, era uno dei pochi a non conoscere crisi, anche in questi anni oscuri per l’economia. Il governo naviga a vista, non dà certezze agli investitori, rimandando a fine aprile un nuovo decreto che fisserà nonsisacosa! Del futur non v’è certezza, ma il presente comincia a essere durissimo per molte famiglie e imprese!

Molte sono le imprese, infatti, che hanno fermato i propri investimenti in tale settore (chi può torna indietro), ma altrettante aziende non sanno se riusciranno a chiudere i lavori entro i limiti assurdi imposti dal recente decreto; altre, infine, rinunceranno a programmare qualsiasi passo in questo settore, poiché non si sa nulla di ciò che sarà dopo il 31 maggio! Ecco la logica conseguenza: abbattimento degli investimenti nel settore, posti di lavoro a rischio, investitori, soprattutto esteri, che si eclissano. Con il mercato americano in start-up, con il Brasile che dorme, ma prima o poi si sveglierà, mi spiegate come faremo a riaccendere l’interesse degli investitori, anche e soprattutto esteri, sul nostro mercato? L’effetto di questo decreto è devastante e chiaramente messo in atto per chiudere definitivamente la partita delle energie da fonti rinnovabili e aprire ufficialmente agli investimenti di pochissimi eletti al nucleare, vero scopo primario di questo governo scellerato che taglia le gambe ad un settore (l’unico?) che era in fortissima espansione, pur in un momento di grande recessione globale.

Ecco perché questo decreto rappresenta una vera e propria “marcia funebre” del settore delle energie rinnovabili; non essendoci certezza, gli investitori andranno altrove e, con mercati esteri enormi che danno prospettive certe ed in forte espansione, non torneranno certo indietro in questa “Italietta” chiusa nel suo bunga-bunga e nei suoi provvedimenti limitati agli interessi di pochi eletti nuclearisti.

giovedì 3 marzo 2011

Senza lavoro per decreto: 15.000 famiglie a rischio

Sotto la chiara e forte pressione delle lobbies del petrolio e del nucleare, il Governo vuole affossare l'industria delle energie rinnovabili, tagliando di fatto gli incentivi regolamentati dal "conto energia". Tali incentivi fino a poco tempo fa servivano proprio per promuovere fonti rinnovabili, classificando come tali anche gli inceneritori! Infatti, anche questa categoria rientrava in tale contesto; ora, dato che il settore fotovoltaico è in forte ascesa e le disponibilità economiche per le altre lobbies si stanno riducendo, ecco che il governo vorrebbe varare la chiusura di incentivi per tale settore! Tale scelta scellerata, fermerebbe lo sviluppo di un'industria che dà lavoro a circa 150.000 persone del settore, ed è in pieno sviluppo e progressione. Il fotovoltaico, in Italia, rappresenta uno dei pochi settori che non conoscono crisi e ora il governo, sempre grazie alle forti pressioni lobbistiche, vorrebbe tagliare i fondi a questo settore, decretandone la morte certa! Noi operatori del settore abbiamo scritto ai nostri governanti la seguente lettera, per tentare di portare l'attenzione su ciò che potrebbe causare una scelta nefasta come il taglio agli incentivi, così come proposto.

On. Presidente del Consiglio dei Ministri
On. Ministro dello Sviluppo Economico
On. Ministro dell'ambiente, della tutela della natura e del mare
On. Ministro del Lavoro, Salute e Politiche Sociali

In questi giorni, si decide la morte per decreto delle energie rinnovabili in Italia. Quindicimila famiglie rischiano di perdere in pochi mesi il posto di lavoro, un indotto che occupa altre 100.000 persone sarà colpito. E' un prezzo altissimo, in termini sociali ed economici, che verrà pagato da uno dei pochissimi settori produttivi non colpiti dalla crisi e da un numero importante di lavoratori e famiglie. E' quello che succederà se il Consiglio dei Ministri approverà il decreto sulle rinnovabili nella versione che circola in questi giorni all'interno del Parlamento e su cui si leggono anticipazioni di stampa. Dopo pochi mesi dalla (lungamente attesa) approvazione, nel mese di agosto dello scorso anno, della legge sul nuovo conto energia, lo scorso 31 gennaio la Commissione europea ha adottato, come noto, una raccomandazione in cui invita gli Stati membri ad incoraggiare le politiche di sviluppo delle fonti rinnovabili, scoraggiando esplicitamente strumenti normativi retroattivi, causa di incertezza sul mercato e di congelamento degli investimenti.

A dispetto di queste premesse, nelle bozze del decreto legislativo rinnovabili leggiamo la previsione di introdurre retroattivamente un limite vincolante di 8.000 MW. Stop ai progetti autorizzati e in corso di autorizzazione. Stop a molti cantieri in corso. Un vero e proprio tetto al fotovoltaico, più di 6 volte inferiore a quello fissato dalla Germania. È questa la prospettiva che annienterebbe il settore fotovoltaico a partire dalla prossima settimana con l'eventuale approvazione in Consiglio dei Ministri. A farne immediatamente le spese saranno circa 150.000 lavoratori impiegati direttamente e indirettamente nel fotovoltaico.

In queste condizioni un'industria nascente è condannata a morte prima ancora di essere diventata pienamente adulta. Se nell’arco di pochi giorni non si riuscirà a introdurre dei correttivi, il fotovoltaico rischia una Caporetto, con ripercussioni molto pesanti sia in termini occupazionali che di credibilità del sistema Paese. Mentre gli Stati Uniti di Obama, pur in presenza di un taglio delle spese pubbliche molto robusto, mantengono saldo il timone verso lo sviluppo delle rinnovabili, l’Italia rischia un nuovo tracollo dopo quello degli anni Ottanta. Siamo sbigottiti, è incomprensibile. Non è abbastanza promuovere l'ambiente e la salute di noi tutti, generare ricchezza e dare lavoro a oltre 15.000 addetti diretti e fino a 100.000 indiretti, offrire l'opportunità a oltre 160.000 famiglie di diventare indipendenti energeticamente? Quali interessi si vogliono davvero tutelare? Chi sono i poteri forti che stanno eliminando ad una ad una tutte le rinnovabili? Prima l'eolico, oggi il fotovoltaico. Che destino attende un paese che distrugge sistematicamente le proprie opportunità di sviluppo? Nonostante il parere positivo in sede di Commissioni Parlamentari (per cui lo schema di decreto attuativo della direttiva 2009/28 sull’energia da fonti rinnovabili si inserisce nel quadro della politica energetica europea volta a ridurre la dipendenza dalle fonti combustibili fossili e le emissioni di CO2) il dibattito in corso, specie per le notizie di stampa spesso espressione di interessi non necessariamente palesi e esplicati in sede politica e sociale, sembra preludere ad un intervento legislativo che andrà, si teme, in senso diametralmente opposto a quello, voluto dalla Commissione, di incoraggiamento delle politiche di sviluppo delle fonti rinnovabili. La realtà è diversa. A fronte di una crisi che non smette di mordere il tessuto produttivo, è vero che il settore delle rinnovabili si muove in netta controtendenza. Gli incentivi (che, ricordiamo, non gravano sul bilancio dello Stato ma nemmeno su quello delle famiglie, come invece si è letto in questi giorni) hanno creato un volano virtuoso che ha consentito al Paese di riavvicinarsi al gruppo dei paesi leader nel campo dell’innovazione e della capacità produttiva. Il fotovoltaico, in un contesto così difficile come quello che abbiamo visto delinearsi negli ultimi anni, rappresenta un settore in crescita occupazionale e di fatturato, oltre che un settore tecnologicamente in evoluzione.

Confidiamo nell’equilibrio e nella saggezza del Governo e del Parlamento affinché si voglia intervenire per evitare che un altro tassello della nostra economia cada vittima di contrapposti interessi e di battaglie ideologiche. Confidiamo che saprete dare un futuro alle nostre famiglie e ai nostri figli che si trovano oggi incolpevoli nella precarietà e nell'incertezza."