Molto spesso capita che i percorsi politici, inizialmente
comuni, si separino, pur mantenendosi su strade parallele. Così capita che, in
Italia, i vari partiti e movimenti ecologisti e ambientalisti si presentino
agli elettori con proposte simili, ma sotto bandiere diverse. Ci sono, poi,
forze politiche che inseriscono nei loro programmi i temi ambientali, tentando
di coinvolgere elettori indecisi. Il tutto appare molto spesso confuso e
fuorviante per gli elettori. Se, poi, forze politiche che solitamente appartengono
ad un gruppo europeo di riferimento inequivocabile, come nel caso dei Verdi
Europei, in Italia si associano a gruppi diversi, la confusione ovviamente sale
esponenzialmente. Purtroppo non è facile comprendere certe scelte. Nelle
passate elezioni politiche italiane le strade si sono separate perché la coalizione di centro
sinistra nazionale non gradiva i Verdi che poi si sono associati a Rivoluzione
Civile quasi per necessità; quindi i
Grunen altoatesini decisero di percorrere una strada diversa con SEL, abbandonando
la federazione verde e criticando la scelta di estrema sinistra intrapresa dai
cugini trentini. Critica che ci poteva anche stare, nell’ambito di una
collocazione che, io stesso, definii anomala. Ma non si capisce perché, poi,
alle recenti elezioni europee, i cugini altoatesini hanno fatto la stessa
scelta prima criticata, schierandosi con una lista di estrema sinistra e, di
fatto, lasciando anche il gruppo di riferimento dei Verdi europei.
Ovvio che la questione faccia scalpore, ovvio che molti elettori
verdi altoatesini abbiano dato il voto al simbolo Verde reale, associato al
riferimento europeo! Per il semplice motivo che i Verdi Europei hanno legittimato
la partecipazione della lista Green Italia-Verdi Europei, riconoscendola come
unica a rappresentare tale gruppo parlamentare in Europa. Tant’è che la Corte
Costituzionale ha riammesso la lista
italiana, precedentemente esclusa dalle Corti di Appello su indicazione del
Ministero dell’interno, proprio in virtù di questo riferimento riconosciuto,
esonerando Green Italia Verdi Europei dalla raccolta delle firme altrimenti
necessarie.
Se le varie anime ecologiste e ambientaliste riuscissero
davvero ad unirsi sotto la bandiera dei Verdi Europei, si potrebbe ambire ad
una rappresentatività significativa, sia in Europa che in Italia. Ma provate a
pensare se si superassero le divergenze e ci si unisse per un programma di
reale conversione ecologica, cosa potremmo realmente fare. Penso a progetti di
investimenti relativi alla riqualificazione edilizia e al recupero del
patrimonio storico artistico, ad un progetto reale di sistemazione
idrogeologica del nostro territorio disastrato, ad un vero e proprio piano
strategico energetico nazionale, che metta in primo piano lo sfruttamento delle
energie rinnovabili e non le trivellazioni al largo dei nostri mari, come
prevede quello attuale lasciatoci in eredità dall’ex ministro Clini, ora finito
in disgrazia; e poi, ancora, penso ai progetti di mobilità urbana ed
extraurbana, che potrebbero dare dignità alla miriade di pendolari che
subiscono ogni giorno un sistema ferroviario obsoleto e inefficace. E pensate
quanti posti di lavoro si potrebbero creare, solamente con investimenti in questi
settori.
Ma, ognuno corre per la propria bandiera, che sotto sotto ha
lo sfondo verde per tutti, ne sono certo. Superando le divergenze, unendo le
forze, si potrebbe davvero dare voce ad un gruppo di rappresentanti nelle
istituzioni, per tentare di cambiare realmente le cose. Se, invece, si continua
così, rimarremo tutti a guardare il lento ed inesorabile declino di una società
che continua a percorrere strade vecchie, a proporre soluzioni insostenibili e
non più realizzabili. Riapriamo il dialogo, mettiamo da parte rancori e
diversità e uniamoci negli intenti comuni; per un’Europa verde, per un’Italia verde.
Prima che sia troppo tardi, possibilmente.
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