"Le idee fanno grandi gli uomini; gli uomini possono rendere grandi le idee, realizzandole!" (Marco Ianes)


sabato 24 gennaio 2015

Centrali a biomassa: necessario fare chiarezza.


 
Leggo sui giornali, sempre più frequentemente, prese di posizione varie e interessamenti sulle centrali a biomasse. Ci sono alcune cose sulle quali è necessario fare chiarezza, per evitare di cadere nella banalità, che molto spesso, purtroppo, prevale.
Dunque, le centrali a biomassa sono centrali a combustione; ne deriva che, qualsiasi prodotto si bruci, vi sono delle emissioni  in aria di particelle che sicuramente non sono favorevoli all’ambiente circostante e ad una buona salute pubblica. Il legislatore, europeo e a scendere i vari stati membri, hanno assegnato dei valori limite a queste emissioni, ritenendo che tali valori “di  legge”, possano essere tollerabili per la salute e per l’inquinamento. Sono valori ponderati che, però, non tengono conto di un fattore importante: il contesto ove viene calato un impianto a  biomassa. Naturalmente, un altro fattore importante riguarda anche ciò che si brucia; vi è differenza abissale tra bruciare biomassa legnosa (e anche qui c’è distinzione tra legno e legno) e derivati dai rifiuti (CSS).
Facciamo qualche esempio, per rendere l’idea; se un comune decide di attivare un impianto a biomassa legnosa e realizza una rete di teleriscaldamento, con l’obiettivo di eliminare le caldaie domestiche a legna del paese, molto probabilmente si scoprirebbe che tale intervento è  a favore dell’ambiente  e migliorerebbe la qualità dell’aria della zona.   Se, invece, un privato, realizza una centrale a biomassa di grandi dimensioni, per esempio per produrre vapore per il proprio stabilimento, tale impianto si aggiunge alle fonti di emissione esistenti, aggravando la situazione; in questo caso la situazione diventa grave se la zona, per esempio, è già al limite accettabile, anche e la centrale in se stessa rispetta i limiti di emissione di legge.
Vi è, poi, un’altra considerazione da valutare: un conto sono i limiti imposti dalla legge, un conto sono le opportunità di realizzazione di tali impianti. Molto spesso le seconde non vengono nemmeno considerate e, anzi, ritenute fastidiose, poiché mettono in campo analisi che vanno oltre il profitto di pochi, a scapito del bene collettivo.
Nel nostro Trentino sta prendendo piede la strada dell’uso delle centrali a biomasse legnose, però con approcci  che non sono assolutamente condivisibili; a Novaledo si vuole costruire una centrale a servizio di un privato, che ha bisogno certamente di energia, ma tale insediamento andrà ad aggravare una situazione già  seriamente pericolosa, in una zona che sta già pagando un dazio  molto alto grazie al traffico veicolare e alle acciaierie di Borgo che sono a qualche chilometro. A Cembra, invece, si è realizzata una centrale a biomassa per produrre energia elettrica e termica; la prima per venderla alla rete, la seconda  per riscaldare due palazzi; ma da aprile a settembre che si fa di questa energia termica? La trasparenza certo non impera in quel di Cembra, visto che la sindaca non ha ritenuto necessario mettere a disposizione i dettagli dell’impianto dopo la richiesta avanzata in comunità di valle. Questo impianto non pare avere le caratteristiche  di  bene pubblico, bensì sembra soddisfi le esigenze di un’impresa che ha voluto realizzare un a struttura di produzione di energia elettrica per monetizzare, cosa peraltro lecita secondo le normative vigenti. Penso che altri possano essere i sistemi    per dare alle nostre aziende e alle nostre comunità, energia a costi più contenuti; puntare sul reale risparmio energetico, sulle reali fonti rinnovabili, quali sole, vento e acqua sarebbero le reali strade da intraprendere.
Non voglio demonizzare le centrali a biomassa, ovviamente a legna; tuttavia per lo stato italiano anche il CSS (combustibile da rifiuti) è classificato come biomassa, ma personalmente questa la ritengo una delle più grandi menzogne italiane;  però voglio segnalare che è  vincolante sapere dove vengono realizzate  queste   centrali e determinarne gli scopi, che devono essere di bene comune. Non si può ragionare solamente con i limiti dati dalle normative vigenti,  è troppo restrittivo e riduttivo, nonché rischioso per la salute  di tutti. Ecco perché ne parleremo il 7 febbraio,  in un seminario al teatro del centro professionale ENAIP di Villazzano; per fare chiarezza e discuterne con apertura mentale. Tutti sono invitati, se si vuole capire veramente  e non fare semplice demagogia. Avremo tecnici a favore, medici per l’ambiente e un noto chimico di fama internazionale  che, invece, ci spiegheranno gli aspetti negativi. Per fare chiarezza, sempre più necessaria.

Marco Ianes - Trento

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